Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

15/12/2018 - Nel reato di bancarotta fraudolenta impropria l’aspetto focale è il nesso tra operazioni dolose e fallimento

argomento: News del mese - Diritto delle Procedure Concorsuali

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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 19 settembre 2018, n. 49506, depositata il 29 ottobre 2018, ha ricordato la differenza tra bancarotta fraudolenta ex art. 223, comma 1, l.f e la bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, l.f.: il primo comma colpisce gli amministratori che con le loro azioni hanno causato il dissesto della società, creando un pericolo per le ragioni creditorie; il secondo comma punisce gli amministratori che – con i propri atti dolosi – hanno causato il fallimento della società, ponendo in primo piano il nesso eziologico. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di un amministratore di una società fallita, a cui era stato contestato di non aver convocato l’assemblea dei soci, nonostante il capitale sociale fosse sceso al di sotto del minimo legale. La mancata convocazione dell’assemblea rientra sicuramente tra le operazioni dolose, “intrinsecamente pericolose” per l’andamento economico-finanziario della società, ma questo non basta per affermare la responsabilità dell’amministratore. Invero, i giudici della Corte d’Appello si sono concentrati sull’analisi delle operazioni dolose, senza – tuttavia – esaminare, né sotto il profilo materiale, né sotto quello soggettivo, l’aspetto più rilevante, cioè il legame tra l’azione e l’evento: senza l’individuazione specifica del nesso di causalità tra le condotte dolose e il fallimento non è possibile condannare l’imputato per i reati di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, l.f.