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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 23 aprile 2018, n. 23322, depositata il 27 settembre 2018, ha affermato che il credito vantato dall’ente riscossore a titolo di sanzione tributaria è disciplinato dalle norme civilistiche e, pertanto, deve essere ammesso al passivo fallimentare con il privilegio di cui all’art. 2752 c.c. Nel caso di specie, il curatore di una società in accomandita semplice proponeva di escludere dal passivo il credito tributario vantato dall’ente riscossore sulla base del fatto che, a suo dire, vi era il divieto di traslare la pena pecuniaria su soggetti diversi dall’autore dell’illecito, ossia i creditori concorsuali. Di avviso opposto è la Corte di Cassazione, la quale – chiamata ad esprimersi su ricorso del curatore avverso la sentenza del Tribunale di Firenze che ha ammesso al passivo del fallimento l’anzidetto credito – ha affermato, anzitutto, che il credito tributario è disciplinato dalle norme civilistiche e, in secondo luogo, che – trattandosi di un credito – lo stesso deve essere ammesso al passivo ai sensi dell’art. 2752 c.c.: il fallimento, infatti, non può trasformarsi in «un modo per sfuggire al pagamento delle sanzioni amministrative, in danno all’erario»