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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 9 marzo 2018, n. 18137, depositata il 10 luglio 2018, ha affermato che, ai fini dell’accertamento dello stato di decozione di una società richiedente l’ammissione alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, il giudice deve attenersi alla valutazione della documentazione esistente al momento dell’avvio della procedura in questione. Nel caso di specie, un istituto di credito – il quale era stato ammesso alla procedura di liquidazione coatta amministrativa il 5 maggio 2011 – veniva successivamente dichiarato in stato di insolvenza in quanto non in grado di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. Avverso tale decisione, l’istituto di credito presentava – dapprima – ricorso in appello e – successivamente – ricorso per Cassazione. La Suprema Corte ha, infine, confermato la decisione della corte di appello – in linea con la decisione del tribunale di primo grado – ed ha sottolineato come il giudice di prima istanza avesse correttamente accertato lo stato di insolvenza della banca. In particolare, il tribunale aveva correttamente valutato che taluni negozi – ritenuti dalla richiedente decisivi al fine di assicurare l’integrale soddisfacimento dei creditori – fossero in realtà operazioni non ancora efficaci al momento in cui doveva valutarsi lo stato di insolvenza e, dunque, non potevano essere considerati quali elementi attivi, concreti e attuali, essendo tali operazioni condizionate all’ammissione alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.