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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 16 maggio 2018, n. 19277, depositata il 19 luglio 2018, ha affermato che dall’ammissione al passivo dei crediti del dipendente sorti a causa del mancato pagamento del TRF non deriva necessariamente l’obbligo per il fondo di garanzia istituito presso l’INPS di intervenire al fine di rifondere il richiedente. Nel caso di specie, la domanda di ammissione allo stato passivo fallimentare per la quota di TFR era stata presentata da una dipendente di una cooperativa; tuttavia, al momento della presentazione della domanda di ammissione, il rapporto di lavoro risultava ancora in essere per effetto della cessione – ante fallimento ed in favore di un’altra cooperativa – del ramo di azienda per il quale la richiedente lavorava. La Suprema Corte, chiamata ad esprimersi sul ricorso dell’INPS avverso la sentenza della Corte d’Appello, ha affermato – contrariamente a quanto deciso dal tribunale di primo grado e dalla corte territoriale – che l’ammissione al passivo di una domanda per TFR non comporta necessariamente l’obbligo in capo all’INPS di provvedere al pagamento. Ciò in quanto, nel caso de quo, la dipendente non aveva diritto al rimborso del TFR dal momento che, per effetto dell’operazione societaria, il rapporto di lavoro risultava ancora in essere e, in ogni caso, l’onere di versare la quota di TFR spettava all’attuale datore di lavoro nonché cessionario.