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La Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 25 ottobre 2018 (ud. 20 settembre 2018), n. 48887, ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Torino nella parte in cui ha dichiarato gli imputati colpevoli del reato di cui all’art. 223, co. 2, n. 2, L.F., per aver cagionato per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. In particolare, i giudici di legittimità affermano che la citata fattispecie può essere commessa anche mediante la condotta che nelle pronunce di merito è stata definita ‘decentramento produttivo illecito’: i soci della fallita prestavano opera presso altre società del gruppo a basso costo, mentre tutti gli oneri di gestione della manodopera restavano in capo alla prima la quale, sin dall’origine, aveva accumulato debiti verso l’Erario e altri enti previdenziali. La Corte avalla dunque la tesi sostenuta in primo e in secondo grado, secondo la quale la società fallita era stata, sin dal principio, destinata ad un dissesto programmato.