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Il tranfer pricing (prezzo di trasferimento) è il processo con il quale si determina il prezzo “congruo” in un’operazione avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di beni/servizi avvenuta tra entità appartenenti allo stesso gruppo multinazionale. Dunque, la disciplina del transfer pricing ha l’obbiettivo di determinare il prezzo (o il margine di profitto) espressivo del “principio di libera concorrenza” (o “arm’s length principle”) per le transazioni che intercorrono tra due imprese appartenenti allo stesso gruppo e residenti in Paesi diversi (cd. operazioni cross-border). I metodi utilizzati abitualmente per la determinazione del prezzo di trasferimento sono: metodo del confronto del prezzo: la congruità viene accertata confrontando il prezzo soggetto a verifica con quello praticato per transazioni comparabili tra imprese indipendenti; metodo del prezzo di rivendita: il valore normale consiste nella differenza tra il valore al quale il bene viene ritrasferito dall’acquirente e un congruo margine di utile; metodo del costo maggiorato: il valore del prezzo si ottiene sommando al costo di produzione del bene un margine di utile lordo. Vi sono, poi, i metodi alternativi, tra cui anche il profit sharing: il valore dei prezzi viene cioè determinato in seguito alla ripartizione degli utili complessivi del gruppo tra le imprese che vi fanno parte, proporzionalmente ai costi che le stesse hanno sopportato. Anche la Circolare n. 32/E del 22 settembre 1980 aveva individuato i seguenti metodi alternativi: ripartizione dei profitti globali; la comparazione dei profitti; la redditività del capitale investito; i margini lordi del settore economico. I metodi che sono di solito oggetto di maggior approfondimento sono comunque i primi due sopra citati: confronto del prezzo e prezzo di rivendita. L’Eu joint transfer pricing forum (JTPF), il comitato di esperti della Commissione Europea in materia di transfer pricing, ha pubblicato il documento «The application of the profit split method within the EU», al fine di chiarire alcuni profili relativi al profit split method, che, in generale, permette di ripartire il profitto derivante da una transazione tra parti correlate sulla base di criteri finalizzati ad ottenere un risultato in linea con quello che avrebbero raggiunto parti indipendenti in condizioni comparabili. Come evidenziato nelle conclusioni del documento, tuttavia, tale metodo (in italiano, metodo della ripartizione dell’utile), considerato dal comitato sempre più rilevante, è invece ancora poco utilizzato. In conclusione, a prescindere dal metodo che può essere usato per la ricostruzione della transazione in libera concorrenza, bisogna infine ricordare che, secondo l’indirizzo della Suprema Corte, la normativa in materia di transfer pricing non integra comunque una disciplina antielusiva in senso proprio. E la prova gravante sull’Amministrazione finanziaria non riguarda il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale (Cassazione, Sentenza n. 9615 del 05/04/2019).