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La Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con sentenza 21 agosto 2018 (p.u. del 12 aprile 2018), n. 38684, valorizzando quanto disposto dall’art. 13, co. I, d.lgs. 74/2000, ha affermato che proprio la coesistenza tra tale norma e l’art. 13 bis, co. I e II, all’interno dello stesso decreto (come modificato dal d.lgs. 158/2015) indica che, «rappresentando il pagamento del debito tributario, da effettuarsi entro la dichiarazione di apertura del dibattimento (ovvero entro lo steso termine ultimo previsto per richiedere il rito speciale) in via radicale e pregiudiziale, causa di non punibilità dei reati ex artt.10 bis,10 ter e 10 quater, lo stesso non può logicamente, allo stesso tempo, per queste stesse ipotesi, fungere anche da presupposto di legittimità di applicazione della pena che, fisiologicamente, non potrebbe certo riguardare reati non punibili. Sicché, in altri termini, o l’imputato provvede, entro l’apertura del dibattimento, al pagamento del debito, in tal modo ottenendo la declaratoria di assoluzione per non punibilità di uno dei reati di cui agli artt. 10 bis, 10 ter e 10 quater, ovvero non provvede ad alcun pagamento, restando in tal modo logicamente del tutto impregiudicata la possibilità di richiedere ed ottenere l’applicazione della pena per i medesimi reati; e tale alternativa è, a ben vedere, implicitamente condensata nella clausola di salvezza contenuta, come appena detto sopra, nella parte finale dell’art. 13 bis laddove in particolare lo stesso richiama il contenuto dell’art. 13 co. I cit.».