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La Corte di Cassazione, Quarta Sezione Penale, con sentenza 9 agosto 2018 (ud. 23 maggio 2018), n. 38363, ha affrontato in modo specifico e puntuale la concezione ed il significato dei concetti di interesse e vantaggio in relazione ai reati presupposto colposi commessi da soggetti apicali nell’ente. In particolare, la pronuncia ha evidenziato che i suddetti criteri di imputazione oggettiva, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 231/2001, sono alternativi e concorrenti tra loro e, nell’ambito dell’illecito di cui all’art. 25 septies, devono essere riferiti alla condotta anziché all’evento. Ricorre, infatti, il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato abbia consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica abbia violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto (conf. a Sez. IV, 17 dicembre 2015, n. 2544; Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 24697). Pertanto, in relazione ai reati colposi contro la vita e l’incolumità personale commessi in violazione della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro, “i criteri dell’interesse e del vantaggio devono essere intesi nel senso che il primo sussiste in ogni caso in cui la persona fisica penalmente responsabile abbia violato la normativa antinfortunistica con il consapevole intento di ottenere un risparmio di spesa per l’ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento; mentre il secondo sussiste in ogni caso in cui la persona fisica abbia sistematicamente violato la normativa antinfortunistica, ricavandone, oggettivamente, un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio. L’entità del vantaggio, che non può certo essere irrisoria, è rimessa alla valutazione del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove congruamente ed adeguatamente apprezzata”. La Sentenza ha infine esaminato ed evidenziato che la posizione processuale dell’ente è sempre autonoma rispetto a quella dei coimputati persone fisiche: per affermare la responsabilità dell’ente, non è necessario il definitivo e completo accertamento della responsabilità penale individuale, ma è sufficiente un mero accertamento incidentale, purché risultino integrati i presupposti oggettivi e soggettivi di cui agli artt. 5, 6, 7 ed 8 del d.lgs. 231/2001. “Conseguentemente, la posizione processuale dell’ente imputato deve intendersi a sua volta come autonoma rispetto a quella dei coimputati persone fisiche, non gravando sul giudice alcun obbligo di valutare, a favore dell’ente, atti difensivi prodotti in favore di altri soggetti processuali”.