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La Corte di Cassazione, con Sentenza 4 giugno 2018, n. 14240, ha affermato che la valutazione di una situazione di conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 2475-ter, comma 1, c.c., si configura quale giudizio di fatto e, per tale ragione, non può essere messo in discussione in sede di ricorso in Cassazione sotto il profilo della violazione di legge. Nel caso de quo, una banca presentava domanda di ammissione allo stato passivo di una società immobiliare fallita per un credito vantato verso una seconda società, ma garantito da fideiussione dalla fallita medesima. A seguito dell’esclusione dallo stato passivo della società immobiliare in questione, l’istituto di credito proponeva opposizione. La Suprema Corte respingeva la domanda della banca, affermando come sia ragionevole il conflitto di interesse ravvisato in capo all’amministratore della fallita e l’annullabilità del contratto di fideiussione in quanto: i) l’amministratore della società fallita era anche socio della società garantita; ii) la fideiussione presentava carattere oggettivamente extravagante in confronto all’oggetto della società; iii) non vi era alcun vantaggio economico per la società garante.