Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

15/09/2018 - L’avvocato della società ancora in bonis che corrisponda al legale rappresentante somme ottenute dall’esecuzione di un regolare decreto ingiuntivo e poi da quest’ultimo distratte, con conseguente dissesto societario, non concorre nel reato di bancarotta fraudolenta, essendosi limitato ad adempiere ad un proprio obbligo

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La Quinta Sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza del 13 giugno 2018 (ud. 8 maggio 2018), n. 27171, annulla e rinvia a diversa sezione del Tribunale delle Libertà di Parma l’ordinanza con cui era stato disposto il sequestro preventivo su somme di denaro appartenenti all’avvocato difensore di una società individuale, per asserita sussistenza del fumus commissi delicti sull’avvenuta commissione da parte sua di una condotta distrattiva, ascrivibile al reato di bancarotta fraudolenta in concorso. L’indagato aveva rimesso al legale rappresentante della suddetta società – all’epoca ancora in bonis – somme di denaro ottenute mediante esecuzione di un decreto ingiuntivo relativo a crediti pregressi vantati dalla società e garantito da pignoramento presso terzi, adempiendo così ad un suo obbligo. Il legale rappresentante aveva, in un secondo momento, distratto tali somme, ciò che aveva portato al dissesto del quale l’avvocato, in precedenza, non risultava essere a conoscenza. Nell’ottica della Corte, le circostanze descritte e indicate dal Tribunale di Parma non sono dunque sufficienti a fondare il fumus commissi delicti necessario per procedere con la misura cautelare.