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Con la sentenza n. 18852 del 2 maggio 2018, (ud. 6 marzo 2018), la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito che, in caso di sequestro preventivo per equivalente avente ad oggetto beni formalmente intestati a persona estranea al reato, sul giudice incombe una pregnante valutazione sulla disponibilità effettiva degli stessi, non essendo sufficiente, a tal fine, la dimostrazione della mancanza, in capo al terzo intestatario, delle risorse finanziarie necessarie per acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a carico del pubblico ministero, della riferibilità concreta degli stessi all’indagato. In altre parole, l’ablazione di beni per un valore corrispondente al profitto del reato può colpire un soggetto ad esso estraneo «in quanto sia dimostrata, in base ad elementi indiziari e nei limiti probabilistici, propri della fase cautelare, la riferibilità all’indagato/imputato per effetto di una relazione indiretta con i beni, che si sostanzi in un concreto potere di disposizione sugli stessi».