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La Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 24 aprile 2018 (ud. 29 gennaio 2018), n. 18089, ha rigettato il ricorso presentato da un amministratore unico di S.r.l., condannato per i reati di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria, il quale lamentava la violazione del principio di ne bis in idem per essere stato condannato per entrambe le fattispecie nonostante fossero scaturite dalla medesima condotta. La Corte chiarisce che le due fattispecie in parola, benché strutturalmente diverse, danno luogo ad un reato complesso ex art. 84 c.p., con assorbimento del delitto di cui all’art. 641 c.p. in quello di cui all’art. 223 L.F. Affinché tale assorbimento si verifichi, tuttavia, è necessario ravvisare una “identità storico-naturalistica” tra le condotte dell’agente, sussistente solo quando i due illeciti contestati coincidano in tutti gli elementi costitutivi: condotta, evento e nesso causale. In carenza di tale identità, si ravvisa un concorso di reati.