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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 7 febbraio 2018, n. 5819, si è espressa in tema di falso valutativo nelle comunicazioni sociali. Nel caso di specie, veniva contestata l’iscrizione di immobilizzazioni immateriali, senza mai variarne il valore negli anni successivi e senza esplicitarne le ragioni nella nota integrativa al bilancio. Si aggiunge, inoltre, che la svalutazione delle stesse avrebbe, se correttamente effettuata, inciso negativamente sul risultato d’esercizio e, di converso, sul patrimonio netto della società (già in stato già liquidazione). Sul punto, il giudice di primo grado – sulla base del primo indirizzo della giurisprudenza a favore del ridimensionamento dell’area di tutela penale realizzato dalla novità legislative del 2015 – assolveva gli imputati per insussistenza del fatto sanzionato dalla legge penale. Avverso tale decisione, il Procuratore Generale impugnava la sentenza deducendo che la formulazione della normativa ante 2015 e quella derivante dalla novella del 2015 si pongono in rapporto di “continuità normativa”. La Suprema Corte, dopo aver richiamato l’ampio dibattito dottrinale sul tema successivo all’introduzione della Legge n. 69/2015, ha ribadito che il bilancio è documento avente contenuto essenzialmente valutativo, e che pertanto il falso valutativo mantiene tuttora rilevanza penale.