<p>Impresa Società Crisi di Palazzolo Andrea, Visentini Gustavo</p>
Diritto ed Economia dell'ImpresaISSN 2499-3158
G. Giappichelli Editore

02/07/2019 - Non condannabile l’amministratore che incassa, come compenso, somme spettanti alla società

argomento: News del mese - Diritto Civile e Commerciale

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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 1° marzo 2019, n. 19147, ha ritenuto non configurabile il delitto di appropriazione indebita all’amministratore che si faccia accreditare sul proprio conto corrente i canoni dovuti dai debitori della società, per pagarsi il proprio compenso senza che lo stesso sia stato deliberato. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo il quale «non integra il reato di appropriazione indebita la condotta dell’amministratore di una società che dispone in bilancio accantonamenti a titolo di compenso, ancora non determinato, nel suo ammontare, per l’attività svolta in tale qualità, in quanto l’atto compiuto non è volto al conseguimento di un ingiusto profitto o di un vantaggio che si ponga come “danno patrimoniale” cagionato alla società, bensì ad assicurare il soddisfacimento di un diritto soggettivo perfetto». In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto non sussistente il reato di appropriazione indebita anche nella condotta dell’amministratore che trattiene somme ricevute dai debitori della società, in quanto per la configurabilità di tale reato la condotta deve essere supportata dal dolo specifico di conseguire «un ingiusto profitto o di un vantaggio che si ponga come danno patrimoniale cagionato alla società», assente nel caso di specie.