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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 14 febbraio 2019, n. 13850, depositata il 22 maggio 2019, ha affermato che deve ritenersi legittima l’istanza di fallimento presentata dal creditore rimasto estraneo all’accordo di ristrutturazione omologato di cui all’art. 182-bis l.f. in pendenza di esecuzione dell’accordo stesso e, quindi, senza che sia preventivamente intervenuta la sua risoluzione. In particolare, la Suprema Corte, rilevando come la legge fallimentare non disciplini né la fase esecutiva né il procedimento per la risoluzione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ha ritenuto applicabile a quest’ultimo quanto previsto – anche dalla giurisprudenza di legittimità – per il concordato preventivo. In relazione a quest’ultimo, è stato più volte affermato che, nel caso in cui la società in concordato si renda inadempiente, il creditore può proporre istanza di fallimento anche senza richiedere la preventiva risoluzione del concordato, a condizione che ad essere azionato sia il credito nella misura della falcidia concordataria. Il fallimento così dichiarato, rendendo impossibile l’attuazione del concordato preventivo, fa venir meno gli effetti obbligatori di cui all’art. 184 l.f., tra cui quello esdebitatorio. In conclusione – afferma la Suprema Corte – la posizione del creditore estraneo all’accordo di ristrutturazione omologato deve ritenersi equiparata a quella del creditore non vincolato agli effetti obbligatori del concordato preventivo omologato; in caso contrario, il creditore estraneo – per il quale è prevista la soddisfazione integrale – verrebbe privato di una fondamentale forma di tutela del proprio credito.