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Con la sentenza 9 gennaio 2018, n. 272 (ud. 5 dicembre 2017) la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che l’adesione alla “collaborazione volontaria” (estera) - introdotta dalla legge n. 186/2014 n. (in vigore dal 1° gennaio 2015) - «determina l’esclusione della punibilità per i seguenti reati tributari ex Dlgs 74/2000: a) dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; b) dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici; c) dichiarazione infedele; d) dichiarazione omessa; e) omesso versamento di ritenute certificate; f) omesso versamento Iva». Inoltre, se commesse in relazione ai delitti tributari “coperti”, «è altresì esclusa la punibilità delle condotte previste dagli articoli: a) 648-bis c.p.(riciclaggio); b) 648-ter c.p. (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita)». Secondo la Cassazione, dunque, il legislatore ha espressamente risolto il problema della natura delle coperture penali legate alla procedura di voluntary disclosure, «attribuendo alle stesse una valenza oggettiva, ma limitandone gli effetti ai soli reati “coperti”, escludendo dunque che l’estensione della causa di non punibilità per reati diversi, come nel caso in esame, posti in essere da soggetti resisi responsabili del delitto presupposto del riciclaggio (quest’ultimo ascrivibile ad un terzo, come nel caso di specie), ossia il delitto di appropriazione indebita». Sulla scorta di tali considerazioni la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei ricorrenti che chiedevano la revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni che servirono o furono destinati a commettere il reato di appropriazione indebita, poi impiegati per l’operazione di capitalizzazione di una s.r.l.