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La Sentenza della Corte di Cassazione n. 28158 del 27 giugno 2019 offre l’occasione per ritornare sui profili della responsabilità penale del consulente fiscale, sancendo che l’incarico conferito al professionista è potenzialmente fonte di responsabilità civile, amministrativa e penale tributaria. Quanto a quest’ultimo aspetto, la principale responsabilità che può investire il consulente si manifesta sotto il profilo del concorso con il contribuente nel reato perpetrato da quest’ultimo, costituito, nel caso in esame, dalla fattispecie di frode fiscale. Gli indici costitutivi del contributo causale, secondo gli Ermellini, vanno individuati nella predisposizione e inoltro delle dichiarazioni fiscali contenenti l’indicazione di elementi passivi fittizi supportati da fatture per operazioni inesistenti e nella complessiva attività di supporto per la sistemazione documentale di gravi violazioni contabili. Quanto all’elemento psicologico del concorso, l’orientamento consolidato è propenso nel riconoscere il dolo eventuale ravvisabile nell’assunzione del rischio, assunto dal professionista, che l’azione di presentazione della dichiarazione possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.