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La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 18 luglio 2019 (c.c. del 2 aprile 2019), n. 31634, confermando consolidato orientamento secondo il quale «solo in caso di sequestro preventivo impeditivo, il periculum in mora deve presentare i requisiti della concretezza e attualità, richiedendosi che sia dimostrata con ragionevole certezza l’utilizzazione del bene per la commissione di ulteriori reati o per l’aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede», ha chiarito che «alcun effettivo contrasto ermeneutico è ravvisabile in ordine all’ambito di valutazione del giudice ai fini del sequestro per equivalente del denaro finalizzato alla confisca obbligatoria prevista specificamente per i reati tributari, dovendosi in particolare escludere che, tra i compiti del giudice della cautela, oltre alla verifica della confiscabilità dei beni e della proporzione della misura, rientri quello di accertare l’eventuale compimento da parte dell’indagato di atti di disposizione del proprio patrimonio volti a vanificare l’esecuzione del sequestro».