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La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 19 luglio 2019 (c.c. del 31 maggio 2019), n. 32364, ha ricordato che, «anche a seguito della novella apportata dal d.lgs. n. 158 del 2015, la quale ha aggiunto la lett. g-bis all’art. 1 del d.lgs. n. 74 del 2000, la condotta di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non è assorbita in quella di compimento di operazioni simulate soggettivamente, in quanto in base alla immutata definizione contenuta nella lett. a) dello stesso art. 1 d.lgs. n. 74 del 2000, sono fatture per operazioni inesistenti anche quelle che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, e che, quindi, il discrimine tra i reati previsti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 74 del 2000 non è dato dalla natura dell’operazione, ma dal modo in cui essa è documentata». Ha altresì ribadito che «il delitto di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è configurabile a titolo di dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’IVA».