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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 2 ottobre 2019, n. 40446, nel confermare la pronuncia della Corte d’Appello la quale, a propria volta, aveva confermato la Sentenza di condanna – in primo grado – per appropriazione indebita di un soggetto che, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, aveva sottratto diversi beni ubicati all’interno della sede della s.a.s. (beni di cui era comproprietario con il proprio socio o beni di esclusiva proprietà di quest’ultimo, seppure utilizzati per l’attività imprenditoriale della predetta società), ha affermato che le norme incriminatrici dell’infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.) e dell’appropriazione indebita (art. 646 c.p.) sono in rapporto di specialità reciproca. Nello specifico, l’infedeltà patrimoniale tipizza la necessaria relazione tra un preesistente conflitto d’interessi e le finalità di profitto o altro vantaggio dell’atto di disposizione, mentre l’appropriazione indebita presenta caratteri di specialità per la natura del bene che ne può essere oggetto e per l’irrilevanza del perseguimento di un semplice vantaggio in luogo del profitto. L’ambito di interferenza tra le due fattispecie è dato dalla comunanza dell’elemento costitutivo della deminutio patrimonii e dell’ingiusto profitto; differendo per la mancanza, nell’appropriazione indebita, di un preesistente ed autonomo conflitto d’interesse che invece contraddistingue l’infedeltà patrimoniale.