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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 7 maggio 2019, n. 22787, depositata il 12 settembre 2019, ha affermato che la sospensione dei procedimenti esecutivi, prevista a favore delle vittime di estorsione o di usura dall’art. 20, comma 4, della l. n. 44/1999, non può ritersi applicabile al procedimento prefallimentare, avendo quest’ultimo natura prettamente cognitiva. Di contro, ha natura esecutiva – nell’accezione della norma in parola – la fase fallimentare, con conseguente operatività della sospensione de qua – con altri rimedi e a seguito di distinte iniziative – nei confronti del procedimento concorsuale. La Suprema Corte ribadisce, inoltre, il consolidato principio secondo cui la sospensione dei termini di cui all’art. 20 della l. n. 44/1999 riguarda unicamente la scadenza dei crediti correlati al reato estorsivo o di usura, non investendo – pertanto – le altre posizioni creditorie; di conseguenza, il provvedimento di sospensione, emesso dalla Procura della Repubblica, non incide sulla legittimazione del creditore, estraneo ai suddetti reati, di ricorrere per la dichiarazione di fallimento della società beneficiaria del provvedimento medesimo.