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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 5 novembre 2019, n. 30694, depositata il 25 novembre 2019, è tornata sul tema della prededucibilità – nel fallimento – del credito del professionista per l’attività svolta a favore del debitore nella predisposizione della domanda di concordato preventivo. Nello specifico, la Suprema Corte ha affermato che non può automaticamente essere esclusa la natura prededucibile del credito, qualora il debitore, successivamente al diniego della proroga del concordato con riserva, non abbia presentato alcuna proposta di concordato, provvedendo – invece – al deposito del ricorso per la dichiarazione di fallimento in proprio. La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui «il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo, rientra “de plano” tra i crediti sorti “in funzione” di quest’ultima procedura e, come tale, a norma dell’art. 111, comma 2, l. fall., va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento», non essendo, pertanto, necessaria alcuna valutazione ex post circa la concreta utilità per la massa dei creditori della prestazione svolta. Inoltre, la Corte di Cassazione ha sottolineato come la domanda di concordato preventivo con riserva, ancorché non seguita dal deposito della proposta completa, dia origine agli effetti protettivi del patrimonio a beneficio anche dei creditori, che non subiscono alterazioni della par condicio creditorum: l’art. 168, comma 3, l.f. prevede, infatti, l’inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato delle ipoteche giudiziali costituite nei novanta giorni antecedenti la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.