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La “risoluzione per mutuo consenso di compravendita immobiliare” sconta l’imposta di registro proporzionale e non in misura fissa. È quanto stabilisce l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello numero 439 del 28 ottobre 2019. Il proprietario di un immobile si rivolge all’amministrazione finanziaria per chiedere chiarimenti sulla corretta tassazione, ai fini dell’imposta di registro, applicabile all’atto di risoluzione per “mutuo consenso”, ipotizzando di poter applicare al contratto di risoluzione l’imposta di registro in misura fissa. L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello nega questa possibilità e chiarisce: “Diversamente da quanto sostenuto dall’istante, si ritiene che l’atto di risoluzione per mutuo consenso, oggetto del presente interpello, rientri nell’ambito di applicazione del citato comma 2, dell’articolo 28 del d.P.R. n. 131 del 1986, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 9 per cento, ai sensi dell’articolo 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al TUR e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura di euro 50 ciascuna. L’Agenzia delle Entrate motiva la propria risposta facendo riferimento in primis le regole previste dall’art. 1372 del codice civile sull’efficacia del contratto. L’Agenzia cita poi, quanto stabilito dall’articolo 28 del DPR numero 131 del 1986, sostenendo che la fattispecie in esame rientra in quanto previsto dal comma 2 e cioè la tassazione in misura proporzionale. L’Agenzia in ultimo afferma che l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale per quanto riguarda un contratto di risoluzione per “mutuo consenso” è confermata anche da due ordinanze della Corte di Cassazione la n. 5745 del 9 marzo 2018 e la n. 24506 del 5 ottobre 2018.