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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 7 febbraio 2020, n. 2976, esaminando una vertenza avente ad oggetto l’accertamento della violazione dei diritti di privativa su ditta, insegna, marchio, denominazione e domain name, ha affermato un nuovo principio in tema di marchio d’impresa. Nel caso de quo, due imprenditori aventi legami di parentela utilizzavano per anni il medesimo patronimico, tollerandosi a vicenda. In un secondo momento, entrambi – acquisendo una notorietà che andava oltre l’ambito locale – proponevano ricorso per la registrazione del marchio. La Suprema Corte ha affermato come l’art. 12, comma 1, cod. propr. ind., statuisca l’impossibilità di registrazione per quei segni che, al momento del deposito, siano identici o simili a un altro segno collegabile ad una ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e domain name, nel caso in cui tale circostanza, l’esercizio della medesima attività economica o la commercializzazione di prodotti e servizi per i quali il marchio è registrato, siano idonei a creare un rischio di confusione o di associazione tra i segni per il pubblico. Il fatto che il marchio sia stato utilizzato in ambito ultra-locale, priva lo stesso del requisito di novità. Inoltre, l’utilizzo precedente del segno da parte del richiedente, o suo dante causa, non costituisce causa ostativa alla registrazione solo nel caso in cui il pre-utente sia unico, e non già una pluralità di soggetti. Nel caso in esame, ai due contendenti veniva negata la privativa a causa dell’utilizzo prolungato dei segni.