argomento: News del mese - Diritto delle Procedure Concorsuali
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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 10 dicembre 2019, n. 32136, ha confermato che in tema di espropriazione immobiliare, il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che, su richiesta dell’aggiudicatario, abbia prorogato il termine per il versamento del prezzo decorre dall’adozione del provvedimento stesso ovvero dal rigetto dell’istanza per la sua revoca e non dall’emissione del decreto di trasferimento, in quanto non può essere invocata la nullità dell’atto susseguente se non è stato fatto valere il vizio dell’atto presupposto, salvo che l’opponente abbia incolpevolmente ignorato l’esistenza di quest’ultimo. Sebbene, nel caso esaminato, il ricorso sia stato ritenuto inammissibile, i Supremi Giudici hanno colto l’occasione per chiarire che l’istituto della rimessione in termini non ha nulla a che vedere con la proroga dei termini, ed anzi ha per presupposto l’impossibilità giuridica di quella. La proroga, infatti, è prevista dalla legge solo per i termini ordinatori, solo prima della scadenza, e solo per “motivi particolarmente gravi”. La rimessione in termini ha invece per presupposto la “decadenza incolpevole” da un adempimento processuale, e non differisce il termine già fissato, ma rimette la parte interessata nella medesima posizione in cui si sarebbe trovata, se il primo termine inutilmente scaduto non fosse mai stato fissato. La proroga, dunque, evita una decadenza, mentre la rimessione in termini sana ex tunc una decadenza già verificatasi.