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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 11 febbraio 2020, n. 11752, depositata il 9 aprile 2020, ha affermato che lo storno dall’attivo patrimoniale di crediti vantati verso altre società del gruppo dalla società poi dichiarata fallita – operato dall’amministratore attraverso la rilevazione di sopravvenienze passive – non integra gli estremi della bancarotta fraudolenta patrimoniale. In assenza di un formale atto di remissione del debito o di rinunzia alla riscossione del credito – espone la Suprema Corte – tale artifizio contabile non si traduce in un atto dispositivo del patrimonio della società che, pertanto, non subisce un effettivo depauperamento: i crediti restano parte integrante del patrimonio sociale e non è preclusa alla curatela un’azione per la loro riscossione. L’artifizio contabile potrebbe – al verificarsi dei necessari presupposti – rilevare ai fini della configurabilità dei reati di bancarotta fraudolenta documentale o di bancarotta impropria da reato societario.