argomento: News del mese - Diritto Tributario
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La suprema Corte con l’ordinanza n. 4428/20, depositata il 20 febbraio 2020, ha affermato che per contestare le operazioni “soggettivamente inesistenti”, l’ufficio deve fornire la prova che vi sia stata la consapevole e volontaria partecipazione dell’acquirente alla truffa. Senza tale prova, gli accertamenti devono essere annullati. Nel caso di specie l’agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Milano, a seguito di presunte operazioni “soggettivamente inesistenti”, aveva emesso avvisi di accertamento, per gli anni 2004, 2005 e 2006, con richiesta di somme superiori a 50milioni di euro, tra imposte, sanzioni e interessi. Il contribuente ricorreva presso la CTP di Milano dimostrando la Buona fede e vincendo il ricorso anche in secondo Grado. L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione dichiarato appunto “inammissibile” il ricorso. Per i giudici della Suprema corte «nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione l’Iva pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere (...) con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode»