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Se l’attività dello Studio professionale è volta alla commissione ripetuta di illeciti tributari per conto della clientela, scatta l’associazione per delinquere nei confronti dei membri. È quanto emerge dalla lettura della sentenza n. 11570/2020 della Corte di Cassazione (Sez. 3 pen.). Nel caso di specie, un professionista è stato riconosciuto responsabile dei reati previsti dagli artt. 416 cod. pen. e 10- quater del D.lgs. n. 74 del 2000 per essersi associato con gli altri colleghi dello Studio - ricomprendo ruolo di organizzatore -, al fine di commettere reati tributari e di altra natura e per aver ripetutamente utilizzato in compensazione crediti inesistenti in concorso con i clienti. Il giudizio di primo grado ha trovato conferma da parte della Corte d’Appello. L’imputato, mediante il difensore, instaurava giudizio davanti alla Suprema Corte chiedendo l’annullamento della sentenza di secondo grado per difetto di motivazione e violazione di legge rispetto alla ritenuta esistenza, sia della circostanza aggravante del numero degli associati di cui all’art. 416, comma 5, cod. pen., sia del vincolo associativo e dell’”affectio societatis” (consapevolezza del soggetto di inserirsi in un’associazione vietata), necessari per l’integrazione del reato contestato e per distinguerlo dal mero concorso di persone. I giudici della suprema corte, sul fronte della contestazione del reato associativo, hanno evidenziato che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti da un vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati, dall’indeterminatezza del programma criminoso che distingue il reato associativo dall’accordo che sorregge il concorso di persone nel reato, e dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira. Ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere, peraltro, «legittimamente il Giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati». Alla luce di quanto esposto gli Ermellini hanno rigettato il ricorso condannando l’imputato al pagamento delle spese processuali.