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Il Tribunale di Milano, con Sentenza del 14 gennaio 2020, ha affermato che non è consentito l’abuso della clausola simul stabunt simul cadent per rimuovere un consigliere di amministrazione non gradito. La clausola in esame prevede, infatti, la decadenza dell’intero consiglio di amministrazione al momento della cessazione dalla carica di uno degli amministratori; in tale circostanza, ai sensi dell’art. 2386 c.c., deve essere convocata d’urgenza l’assemblea da parte dei consiglieri rimasti in carica, ovvero dal collegio sindacale se previsto dallo statuto. La clausola ha lo scopo di mantenere l’equilibrio interno tra i componenti dell’organo gestorio attraverso la consapevolezza che le dimissioni di uno degli amministratori comporta la decadenza degli altri, e – di contro – la possibilità di essere l’artefice della rimozione dell’organo in caso di disaccordo. Il Tribunale di Milano – ribadendo l’orientamento già statuito nella Sentenza del 20 aprile 2020 – ha evidenziato come debba riconoscersi il diritto al risarcimento del danno nel caso in cui sia accertato l’uso abusivo o strumentale della clausola, configurandosi una fattispecie di revoca per l’amministratore decaduto non dimissionario.