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Il finanziamento infruttifero dei soci eseguito nelle casse sociali a seguito di delibera con verbale di assemblea sottoscritto da tutti i soci integra, per la sua stessa natura, un negozio a contenuto patrimoniale, ai fini dell’imposta di registro, con applicazione dell’aliquota proporzionale al 3% (art. 9, parte prima della tariffa allegata al D.P.R. 131/1986). Questo è quanto affermato dai supremi giudici della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1951 depositata il 24 gennaio 2019. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha avvallato l’indirizzo della CTR confermando la decisione pro-Fisco e considerando inammissibili le deduzioni dei ricorrenti, che avevano eccepito: in primo luogo, che il giudice di appello aveva erroneamente qualificato il verbale della delibera dell’assemblea dei soci come contratto di finanziamento, “… senza considerare che nella dichiarazione con cui l’amministratore ha proposto ai soci di finanziare la società non è ravvisabile alcuna proposta contrattuale, in quanto non ricorrono gli elementi costitutivi del contratto, non sono individuate le controparti contrattuali tra i due soci, l’accomandatario e l’accomandante, e neppure l’importo del finanziamento richiesto a questi ultimi, le modalità e i tempi di erogazione delle relative somme, nonché di restituzione delle stesse, non rilevando come accettazione la sottoscrizione apposta dai soci sul verbale dell’assemblea alla quale erano intervenuti”; in secondo luogo, che il verbale dell’assemblea dei soci, essendo un atto interno della società, non può essere soggetto all’obbligo di registrazione, neanche in caso d’uso.