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Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 10 settembre 2020, n. 12160, ha affermato che l’inosservanza dei limiti convenzionali al potere rappresentativo degli amministratori di s.r.l. non comporta necessariamente un vizio d’invalidità o l’inefficacia del contratto stipulato e che, l’unico soggetto legittimato ad opporre ai terzi le limitazioni citate – nel caso in cui siano presenti gli elementi previsti all’art. 2475 bis c.c. – è la società. Il Tribunale di Roma ha sottolineato, in primo luogo, come la ratio alla base della statuizione suddetta sia l’affermazione del potere di rappresentanza generale degli amministratori, che deve essere distinto da quello gestorio. Esso, nelle società a responsabilità limitata, trova il proprio fondamento nella legge, connotandosi come una qualità legale intrinseca alla figura di amministratore. Nonostante ciò, si può ritenere che anche nelle s.r.l. sia possibile attribuire il potere di rappresentanza soltanto ad alcuni amministratori ovvero ricollegarlo alla titolarità di alcune cariche. L’esclusione in capo a taluni amministratori della rappresentanza della società costituisce una limitazione del potere rappresentativo (considerato nel suo complesso) ed è, quindi, sottoposto alla disciplina del secondo comma dell’art. 2475-bis c.c. con conseguente irrilevanza nei confronti dei terzi che non abbiano agito intenzionalmente a danno della società. Le limitazioni, quindi, acquisiscono rilevanza sul piano dei rapporti interni, legittimando la revoca o l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Il Tribunale di Roma ha evidenziato – richiamando la Sentenza n. 22669/2004 – come tale situazione di trasgressione non sia motivo di invalidità o di inefficacia del contratto, e come non siano legittimati ad impugnare ovvero opporre eventuali vizi il socio della società, il terzo contraente e gli altri amministratori.