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Il Tribunale di Roma, con Sentenza del 10 settembre 2020, ha affermato che le limitazioni imposte agli amministratori dallo statuto non sono opponibili ai terzi, motivo per cui i contratti in violazione di tali restrizioni risultano efficaci e vincolanti per la società. Il Tribunale ha sottolineato, inoltre, come all’interno delle società a responsabilità limitata vi sia la possibilità di attribuire il potere di rappresentanza soltanto ad alcuni amministratori o comunque ripartirlo in modo differente da quanto prescritto dall’art. 2475-bis c.c. Nel caso de quo, i soci di una s.r.l. chiedevano l’inefficacia di un contratto stipulato dal presidente del consiglio di amministrazione, a causa della mancata sottoscrizione di almeno uno dei due vicepresidenti. Il Tribunale di Roma – sottolineata la possibilità di attribuire il potere di rappresentanza in modo differente rispetto a quanto prescritto dall’art. 2475-bis c.c. – ha applicato le norme introdotte dal d.lgs. n. 6/2003, secondo cui il potere di rappresentanza degli amministratori è generale e le restrizioni eventualmente fissate dall’atto costitutivo, dallo statuto, dall’atto di nomina o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, a meno che sia dimostrata la volontà di recare danno alla società. Il Tribunale di Roma ha evidenziato come nelle società in generale il potere di rappresentanza non derivi da specifica investitura – come succede per la rappresentanza volontaria ex art. 1388 c.c. – ma da una qualifica legale, che nelle s.r.l. spetta a tutti gli amministratori poiché costituisce una qualità intrinseca dell’incarico. Nelle società per azioni, invece, spetta solo agli amministratori cui è stato specificatamente conferito in forza di statuto o di deliberazione del competente organo sociale. La validità di tali limitazioni – costituendo delle scelte organizzative – è confinata ai rapporti interni, non producendo nessuna conseguenza sui contratti stipulati con i terzi, i quali rimangono validi ed efficaci.