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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 22 dicembre 2020, n. 39916, intervenuta sul tema delle fatture per operazioni inesistenti, ha ribadito, uniformandosi alle precedenti pronunce delle Sezioni Unite (n. 1235/2010), che il reato di truffa può intendersi configurato anche attraverso l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, laddove da tale condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento di contributi pubblici. In particolare, rinvenendosi tale profitto ulteriore e diverso, è possibile il concorso tra il delitto di frode fiscale, ci cui all’art. 2, D.Lgs. 74/2000, e quello di truffa, di cui all’art. 640 c.p. In tal caso, l’ulteriore evento di danno che si configura non inerisce al rapporto fiscale, e, quindi, non sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra norme, perché una stessa condotta criminosa viene utilizzata per finalità diverse e viola, pertanto, diverse disposizioni di legge, non esaurendosi nell’ambito del quadro sanzionatorio delineato dalle norme fiscali. Conseguentemente, si configura la concorrente punibilità delle molteplici e diverse finalità criminose.