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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 3 novembre 2020, depositata in data 2 febbraio 2021, n. 2284, ha affermato che per la revocazione ex art. 98 l.f. non è rilevante la non veridicità delle deduzioni difensive contenute nella domanda di ammissione al passivo. L’ordinanza ha chiarito che le stesse, pur se non veritiere, non costituiscono attività fraudolenta: quest’ultima richiede una concreta attività dolosa con uso di artifici e raggiri; inoltre le stesse non si risolvono in prove false, non ledono il diritto di difesa del curatore e neppure impediscono al giudice di accertare la verità. L’ordinanza precisa altresì che per la fattispecie del dolo processuale revocatorio non sono sufficienti il semplice mendacio, l’omessa produzione di un documento favorevole alla tesi avversaria, o il semplice silenzio; nel nostro sistema sussiste infatti il principio dell’onere probatorio. La condotta sleale non è quindi sufficiente per la revocazione ex art. 98 l.f.: deve trattarsi di condotta che violi la posizione giuridica dell’altra parte.