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La Corte di Cassazione, con Sentenza del 29 marzo 2021, n. 11986, si è espressa in tema di elementi distintivi tra il reato di infedeltà patrimoniale e quello di appropriazione indebita: infatti, nonostante possiedano entrambi quali elementi costitutivi la deminutio patrimonii e l’ingiusto profitto, nella prima fattispecie deve sussistere un preesistente ed autonomo conflitto d’interesse. Nel caso de quo, il Tribunale di Roma confermava l’applicazione degli arresti domiciliari a carico di due amministratori di una società a responsabilità limitata per i reati di riciclaggio, appropriazione indebita e infedeltà patrimoniale. Avverso tale provvedimento, i soggetti in questione proponevano ricorso per Cassazione asserendo l’erronea applicazione della legge penale e l’illogicità della motivazione alla base del reato di autoriciclaggio, poiché ritenuto irrilevante il raggiungimento della soglia utile per i reati di natura tributaria, e dei delitti presupposto di appropriazione indebita e infedeltà patrimoniale, a causa del mancato controllo del requisito dell’ingiusto profitto e della deminutio patrimonii. La Suprema Corte, accogliendo i ricorsi citati, ha sottolineato come il non raggiungimento della soglia penalmente rilevante di denaro derivante da condotte illecite comporti l’assoluzione degli imputati dal reato di autoriciclaggio. Inoltre, la mancata verifica degli elementi costitutivi dei reati presupposto e del conflitto d’interesse per ciò che concerne l’infedeltà patrimoniale, deve portare alla decadenza di quanto contestato.