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La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 12 novembre 2020, n. 9045, depositata il 1° aprile 2021, ha innanzitutto chiarito che il fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile ai sensi dell’art. 147, comma 1, l.f. è conseguenza automatica del fallimento della società: l’estensione in parola ha come unico presupposto la qualifica di socio, non rilevando il non esercizio da parte del socio di un’autonoma attività d’impresa o che lo stesso sia lavoratore dipendente di altra società. Inoltre, la Suprema Corte è tornata sul tema dell’accertamento dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1, comma 2, l.f., ribadendo che, ai fini del riconoscimento dei requisiti di non fallibilità, possono essere utilizzati, anche in sostituzione dei bilanci d’esercizio, strumenti probatori alternativi, ancorché forniti dall’imprenditore fallendo. Vi è, infatti, in capo al giudice, oltre a poteri di indagine officiosa, l’obbligo di valutare l’attendibilità delle prove offerte ai sensi dell’art. 116 c.p.c.