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Con l’ordinanza n. 11958/2021, depositata il 6 maggio 2021, la Corte di Cassazione (Sez. V) ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate addebitando al contribuente le sanzioni per omessa dichiarazione non avendo vigilato sull’operato del professionista delegato. Gli Ermellini, richiamando la giurisprudenza di merito (Cass. Sez. V n. 12901/2019 e n. 2139/2020, nonché Sez. VI-5 n. 11832/2016), hanno chiarito che il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate è fondato perché, nel caso di specie, la società contribuente non è stata tratta in inganno dal consulente di fiducia tramite l’esibizione di documentazione ideologicamente o materialmente falsa dalla quale si evinceva, a differenza del vero, la redazione della dichiarazione e il connesso versamento dei tributi; e neppure risulta dagli atti che la contribuente abbia chiesto la documentazione comprovante la trasmissione della dichiarazione, avendo peraltro scelto, per tale adempimento, un intermediario non abilitato. Nel caso in esame – chiosano i Giudici della Suprema Corte – «poiché il contribuente non ebbe mai a esercitare il dovuto e non inesigibile controllo sul professionista delegato, la sua responsabilità per le sanzioni, sotto il profilo della colpa, non può escludersi non risultando sufficiente per mandarlo esente il dolo del delegato poiché ove egli ne avesse sorvegliato l’operato (quantomeno richiedendo copia delle ricevute di trasmissione delle dichiarazioni, adempimento certo non inesigibile in capo al contribuente anche del tutto sprovvisto di preparazione in materia tributaria) l’evento omissivo poteva scoprirsi e il contribuente poteva porvi rimedio; e viceversa, ove a fronte delle richieste di consegnare copia delle ricevute, il consulente avesse fraudolentemente fornito documentazione falsa, allora necessariamente si doveva concludere per l’inapplicabilità delle sanzioni difettando in tal caso anche l’elemento soggettivo della colpa del contribuente». Secondo i Giudici «la CTR nel non fare applicazione dei sopra esposti principi ha commesso errore di diritto». Né deriva la decisione di rinviare la causa ai giudici di secondo grado, per un nuovo giudizio.