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Con l’ordinanza n. 13571, depositata in data 19 maggio 2021, la Corte di Cassazione ha chiarito due principi: il primo riguarda la materia del transfer pricing in relazione al quale, non essendo riconducibile alle disposizioni antielusive, non è richiesto all’Amministrazione finanziaria di provare la maggior fiscalità nazionale; il secondo principio affermato dai giudici della Suprema Corte riguarda il principio di inerenza che, nel caso di specie, riguarda le spese di assicurazione sostenute dalla società capogruppo per alcune polizze intestate a società collegate. Nel caso di specie ad una società era stato notificato un avviso di accertamento con il quale venivano recuperati a tassazione gli interessi passivi su un finanziamento concesso dalla controllante estera, nonché i costi assicurativi sostenuti per conto di società del gruppo. Con riferimento al recupero degli interessi passivi la società lamentava l’applicazione da parte dell’Agenzia delle entrate di un tasso medio applicato dagli istituti di credito al posto di prendere in considerazione il tasso Euribor a sei mesi. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha avallato la scelta operata dall’Amministrazione finanziaria, individuando un tasso medio che sarebbe stato proposto a qualunque impresa che, in regime di libero mercato, si fosse rivolta a degli istituti di credito per essere finanziata. Sul punto viene tra l’altro precisato, che, “secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, in materia di transfer pricing, l’onere probatorio gravante sull’Amministrazione finanziaria si esaurisce nel fornire prova dell’esistenza dell’operazione infragruppo e la pattuizione di un corrispettivo inferiore al valore normale di mercato; spetta dunque al contribuente fornire prova che il corrispettivo convenuto corrisponde ai valori economici che il mercato attribuisce a tali operazioni (si richiama, sul punto, Cassazione, n. 30149/2017)”. In ordine, invece, al secondo profilo (relativo alla deducibilità dei costi assicurativi) la Corte di Cassazione ha richiamato il principio di diritto ricostruito da Cassazione, n. 18904/2018, secondo il quale “il principio di inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa ed esprime una correlazione tra costi ed attività d’impresa in concreto esercitata, traducendosi in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo”. L’inerenza deve essere dunque riferita all’oggetto sociale dell’impresa: nel caso in esame, però, nulla prevedeva l’oggetto sociale.