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La Cassazione, con la sentenza n.21062 del 28 maggio 2021, ha rigettato il ricorso del titolare di una ditta individuale confermandone la condanna per i reati di cui all’art. 5 e 10 del d.lgs. 74/2000. Nel caso di specie i controlli incrociati con i clienti del ricorrente hanno permesso il rinvenimento di fatture non dichiarate e annotate all’interno delle scritture contabili che hanno permesso di risalire al volume d’affari dell’azienda legittimando la condanna dell’imprenditore per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili. Nel rigettare il ricorso presentato dal contribuente, gli Ermellini hanno evidenziato che l’impossibilità di ricostruire il reddito o il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere inteso in senso assoluto, sussistendo anche quando è necessario procedere all’acquisizione della documentazione mancante presso terzi o in altro luogo. I giudici della Suprema Corte chiosano che l’oggetto di tutela penale è l’interesse statale alla trasparenza fiscale del contribuente, in quanto la norma penale incriminatrice sanziona l’obbligo di non sottrarre all’accertamento le scritture e i documenti obbligatori. Nel caso in oggetto, il reddito è stato ricostruito attraverso controlli incrociati sui clienti dell’azienda per le prestazioni eseguite e non in base alla documentazione prodotta dall’imputato. I Giudici del Palazzaccio hanno dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese di processo.