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La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 14 gennaio 2019 n. 1511, (p.u. dell’8 novembre 2018), ha ricordato che il reato previsto dall’art. 2 D.l. 463/1983 è un reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui scade il termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento, essendo irrilevante – ai fini dell’individuazione del momento consumativo – che la data per adempiere a tale pagamento sia fissata nei tre mesi successivi alla contestazione della violazione. «Il soggetto attivo del rapporto previdenziale è solo ed esclusivamente il datore di lavoro il quale, anche quando delega ad altri il versamento delle ritenute, conserva l’obbligo di vigilare sull’adempimento dell’obbligazione da parte del terzo (…) tenuto ad adempiere alla diffida inviata ai sensi dell’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463 del 1983, resta pertanto colui che era obbligato al momento dell’insorgenza del debito anche se, “medio tempore”, ha perso la rappresentanza o la titolarità dell’impresa», questo in quanto il pagamento costituisce una causa personale di esclusione della punibilità. Anche il soggetto che non sia più il legale rappresentante della società resta obbligato ad adempiere alla diffida di cui sopra e può altresì beneficiare della causa personale di non punibilità adempiendo all’obbligazione in nome e per conto della società secondo lo schema del pagamento del terzo ex art. 1180 del codice civile.