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La compensazione di crediti di imposta effettuata in F24 e non sufficientemente supportata da adeguata documentazione comprovante la veridicità delle operazioni può fare emergere il reato di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater d.lgs. 74/2000. È quanto emerge dalla sentenza n. 32399 della Corte di Cassazione Sez. Penale, depositata il 31 agosto 2021. In particolare la Corte confermando quanto espresso dal Giudice di secondo grado, nella sentenza così si sono espressi: “Il ricorso non si confronta con la sentenza impugnata che, sulla scorta della deposizione testimoniale del dipendente dell’Agenzia delle Entrate di Termoli, che aveva effettuato gli accertamenti nei confronti dell’imputato compendiati nel verbale di constatazione in data 20/02/2014 (....), ha ritenuto dimostrato che l’imputato, legale rappresentante della M. srl., aveva utilizzato in compensazione a debiti derivanti da fatture e debiti Irap della società, crediti Iva superiori a € 7.500,00 negli anni di imposta 2011 e 2012, limitandosi a produrre solo alcune fatture di acquisto e di vendita e omettendo di esibire i registri Iva e tutta la restante documentazione prevista dalla legge ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 600 del 1973 e riteneva dimostrata l’inesistenza di siffatti crediti sul rilievo dell’inesistenza della documentazione contabile non prodotta e sul fatto che all’indirizzo indicato come sede sociale della società emittente viera una stalla e la società risultava in liquidazione”.