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La Corte di Cassazione, con la sentenza del 22 settembre 2021, n. 25664, ha affermato che il danno risarcibile derivante da mala gestio di un amministratore di fatto di una s.r.l. può essere quantificato con il criterio della differenza tra passivo accertato e attivo liquidato in sede fallimentare, a patto che sia stato provato un inadempimento almeno astrattamente idoneo a costituire causa del danno denunciato. Nel caso de quo, la Corte d’Appello di Roma, ribaltando la decisione di primo grado, condannava l’amministratrice di una s.r.l. fallita al risarcimento del danno derivante da gravi condotte omissive e dall’abbandono gestionale posto in essere dalla convenuta. Quest’ultima ricorreva in Cassazione lamentando la scorrettezza del metodo della differenza tra attivo e passivo fallimentare per la quantificazione della somma risarcibile. La Suprema Corte – respingendo il ricorso – ha affermato come sia corretto il criterio applicato dalla Corte d’Appello, avendo la medesima accertato la totale assenza di qualsivoglia condotta in linea con i principi di corretta amministrazione, tra cui il mancato invio delle dichiarazioni fiscali e la perfetta corrispondenza tra il deficit patrimoniale e le violazioni riscontrate.