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La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 2 novembre 2021 (c.c. del 7 luglio 2021), n. 39287, ha affermato che il decreto di sequestro probatorio del PM, che abbia ritenuto sussistente il fumus dei delitti di cui agli artt. 416, 648 bis e ter c.p. e art. 5 d.lgs. 74/2000 nonché il vincolo di pertinenzialità dei beni oggetto di sequestro motivando per relationem con richiamo a risultanze di attività investigative svolte dalla Guardia di Finanza compendiate in una nota informativa agli atti, presenti una «motivazione per certi versi insufficiente ma, comunque, idonea ad individuare le finalità perseguite per l’accertamento dei fatti (vedi Sez. U, Sentenza n. 36072 del 19/04/2018 dep. 27/07/2018, Rv. 273548 - 01)», in quanto «opera […] un chiaro rinvio recettizio alla comunicazione di notizia di reato […] in atti (ove vengono ricostruite una serie di operazioni finanziarie sospette ed attività illecite riferibili all’indagato, rilevandosi la necessita di procedere, al fine di acquisire ulteriori elementi utili per l’indagine, all’ acquisizione di documentazione contabile ed extracontabile nonché dei supporti informatici) e richiama la circostanza che presso le sedi delle società a vario titolo coinvolte negli illeciti e riferibili [all’indagato] si trovava documentazione pertinente ai reati contestati specificamente indicati (artt. 110, 416, 648 bis, 648 ter comma 1 c.p. e art. 5 Dlgs. 74/2020)”. Ha quindi concluso che “ben può ritenersi ammissibile una motivazione per relationem in ragione del riferimento, recettizio, ad un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione appare congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento in questione».