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La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 29 ottobre 2021 (c.c. 21 settembre 2021), n. 39169, ha ribadito che il Giudice che pronunci condanna per il reato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000 è tenuto a disporre la confisca del profitto di tale reato, in quanto sia l’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, inserito dall’art. 10 d.lgs. n. 158 del 2015, sia la disposizione anteriormente vigente, l’art. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007 attraverso il richiamo all’art. 322-ter cod. pen., prevedono che «è sempre ordinata la confisca dei beni» costituenti il profitto o il prezzo di uno dei delitti di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, ovvero, quando questa non è possibile, di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto. In materia di reati tributari, la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo dì uno dei delitti previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena, stante l’identità della lettera della disposizione di cui all’art. 12-bis, comma secondo, del predetto d.lgs., come introdotta dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, e della disposizione di cui all’art. 322-ter cod. pen., richiamato dalla previgente fattispecie prevista dall’art. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007, abrogata dall’art. 14 del citato d.lgs. n. 158 del 2015, nonché la piena continuità normativa tra vecchia e nuova disciplina (così, per tutte, Sez. 3, n. 50338 del 22/09/2016, Lombardo, Rv. 268386-01, e Sez. 3, n. 35226 del 16/06/2016, D’Agapito, Rv. 267764-01).