argomento: News del mese - Diritto Civile e Commerciale
Articoli Correlati: amministratore - commissario giudiziario - potere gestorio
La Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 dicembre 2021, n. 39231, si è espressa in merito all’esercizio dei poteri gestori in una società nel caso in cui vi sia la nomina di un amministratore giudiziario a seguito del sequestro del compendio aziendale a norma della Legge n. 575/1965. Nel caso de quo, una società sottoposta a sequestro del complesso aziendale proponeva decreto ingiuntivo per il mancato pagamento di una fornitura di carburante. La società convenuta si opponeva adducendo la carenza di prova del credito azionato in via monitoria e la non riferibilità del medesimo all’attività di amministrazione in capo ai commissari, non avendo chiesto la merce oggetto delle fatture e avendo informato tutti i fornitori che ogni ulteriore richiesta sarebbe pervenuta per mezzo e-mail. Il ricorso veniva parzialmente accolto in primo grado e rigettato in secondo grado a causa della possibile instaurazione di un “doppio binario gestorio”. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso della società attrice, ha sottolineato come sia errata la configurazione di un “doppio binario” di gestione della società in un contesto di adozione di misure di prevenzione: infatti, già precedentemente all’avvento del codice antimafia, l’applicazione di tali misure con nomina di un amministratore giudiziario configurava un rapporto gestorio indispensabile all’interno di un processo la cui competenza spetta al giudice penale. La Corte di Cassazione ha richiamato quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 487/1995 per motivare la previsione di simili misure, ovvero «la necessità di impedire che una determinata attività economica che presenti connotazioni agevolative del fenomeno mafioso […] realizzi o possa comunque contribuire a realizzare un utile strumento di appoggio per le attività di quei sodalizi […]». Inoltre, la particolarità degli istituti in esame è quella di includere anche la gestione privatistica di attività e rapporti, tanto da potersi prospettare una sorta di qualificazione dell’amministratore giudiziario quale ausiliario del giudice ovvero, all’opposto, soggetto caratterizzato da un’ordinaria natura privatistica. A far optare per la prima soluzione è la constatazione che «il provvedimento di nomina non affida all’amministratore giudiziario la gestione di un patrimonio altrui per una qualche intervenuta incapacità personale del suo titolare […] ma in ragione della tutela di interessi pubblici estranei all’imprenditore […]», con il conseguente affiancamento dei poteri gestori del commissario giudiziario a quelli dell’imprenditore. In ultimo, riprendendo precedenti decisioni sia di merito che di legittimità, la Suprema Corte ha evidenziato come sia stata esclusa la possibilità di sostituzione degli amministratori volontari con quello giudiziario e affermata la titolarità di tutte le funzioni non afferenti alla gestione del patrimonio in capo agli amministratori volontari, escludendo così l’ipotesi di una gestione dinamica e di una statica.