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Il Tribunale di Roma, con sentenza dell’8 giugno 2021, n. 10035, ha affermato che non è possibile applicare lo sconto di minoranza – ovvero una diminuzione del valore di una partecipazione a causa della mancata detenzione del controllo – in caso di esercizio di un’opzione put verso un altro socio, essendo paragonabile all’esercizio del diritto di recesso. Per tale ragione, la valutazione della partecipazione di minoranza deve essere effettuata secondo il criterio proporzionale. In primo luogo, il Tribunale di Roma ha sottolineato come il diritto di recesso assolva lo scopo di riequilibrare i rapporti di forza tra i soci di minoranza e la società e non risenta dei premi di maggioranza o minoranza, avendo il socio recedente esercitato una sua legittima prerogativa. Successivamente, è stato ricordato che lo stesso Tribunale aveva stabilito nella sentenza n. 8457/2015 l’applicabilità di due metodi per la valutazione della quota in caso di recesso: i) il metodo di mercato che, in assenza di specifiche indicazioni statutarie, prevede l’utilizzo delle migliori prassi e dottrine aziendalistiche; ii) il metodo proporzionale che esclude l’applicazione dello sconto di minoranza o illiquidità. Nel caso di specie, il Tribunale di Roma – riprendendo anche la sentenza del 23 maggio 2014 del Tribunale di Padova – ha evidenziato come non possa essere rilevata una difficoltà alla vendita o una minore appetibilità della partecipazione tale da giustificare l’applicazione di una diminuzione di valore, essendo la stessa venduta al soggetto titolare del capitale residuo. Pertanto, assodata la differenza tra la libera negoziabilità della quota e la valutazione in caso di recesso, è chiaro come la normativa per «valore di mercato» si riferisca al patrimonio sociale e non alla quota.