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La Corte di Cassazione, con Sentenza 29 gennaio 2019, n. 14364, depositata il 2 aprile 2019, si è espressa in tema di determinazione delle pene accessorie – stabilite per il reato di bancarotta fraudolenta – dell’inabilitazione all’esercizio dell’attività di impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, la cui durata, nella riformulazione operata dalla sentenza n. 222/2018 della Corte Costituzionale, non è più nella misura fissa di dieci anni ma nel massimo di dieci anni. In particolare, la Suprema Corte ha affermato che quanto previsto dall’art. 37 c.p. – indicato dalle Sezioni Unite quale regola generale da seguire – non può essere l’unico criterio da utilizzarsi nella determinazione della durata della pena accessoria in parola. A parere della Suprema Corte, l’applicazione dell’art. 37 c.p., prevedendo che, quando la legge stabilisce una pena accessoria temporanea la cui durata non è espressamente determinata, questa ha la stessa durata di quella principale, rischierebbe di determinare un automatismo che limiterebbe la discrezionalità del giudice di merito. A quest’ultimo, tenuto conto della diversa finalità delle pene accessorie rispetto a quelle detentive, deve essere affidato un certo grado di elasticità nel decidere, nel rispetto del principio di proporzionalità, caso per caso e in modo disgiunto dalla pena principale, la durata della pena accessoria, sulla base dei criteri generali di commisurazione della pena di cui all’art. 133 c.p.