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Secondo la Suprema Corte (sentenza n. 2245 del 20 gennaio 2022) la violazione tributaria di dichiarazione infedele e il corrispondente reato tributario non sono in un rapporto di specialità di cui all’art. 19, d.lgs. n. 74 del 2000, per cui possono trovare applicazione entrambi gli illeciti; tuttavia, il giudice deve considerare la sanzione amministrativa definitivamente irrogata ai fini del calcolo della pena. Infatti, la Corte afferma che “sul piano strutturale, dunque, non v’è piena sovrapposizione tra le due fattispecie. La condotta del ricorrente, dunque, integra due diversi fatti, autonomamente e separatamente sanzionati in sede penale e amministrativa. Ciò non esclude che, ai fini del divieto del “bis in idem” di cui all’art. 4, Prot. n. 7, CEDU, il fatto addebitato possa essere considerato lo stesso sul piano sostanziale/naturalistico”, e, dato che nel caso di specie “la sanzione amministrativa minacciata e concretamente applicata al contribuente ha un’evidente componente dissuasiva (in sede di previsione astratta) e afflittiva (in sede concretamente applicativa), non essendo finalizzata al risarcimento/indennizzo del danno cagionato dal Contribuente”, occorre valutare la proporzionalità del complessivo trattamento sanzionatorio, comprensivo anche della sanzione applicata in sede penale. Per tale motivo, “deve essere garantito un meccanismo di compensazione che consenta di tener conto, in sede di irrogazione della seconda sanzione, degli effetti della prima così da evitare che la sanzione complessivamente irrogata sia sproporzionata”.