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La Quinta sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza del 4 maggio 2022 (ud. 15 marzo 2022), n. 17789, ha respinto il ricorso promosso dalla Consob avverso la pronuncia della Corte d’appello che aveva confermato l’assoluzione di tre manager di una S.p.A. che avrebbero, secondo la prospettazione dell’Accusa, posto in essere condotte suscettibili di alterare in modo sensibile il prezzo del titolo quotato in borsa e di costituire ostacolo alla funzione di vigilanza della Consob stessa. In relazione al reato di cui all’art. 185, d.lgs. 58/1998 (T.U.F), la Suprema Corte ha stabilito che, stante la sua natura di fattispecie di pericolo concreto, il giudizio di responsabilità “non richiede l’accertamento dell’effettiva sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari, ma esclusivamente la idoneità della condotta a produrre tale effetto”. Un siffatto giudizio di prognosi postuma (ex ante e in concreto) va effettuato collocandosi nella prospettiva dell’investitore ragionevole, così come definito dal Considerando n. 14 del Regolamento (UE) n. 596/2014 relativo agli abusi di mercato; “oltre alla verifica ex ante è anche possibile, a riscontro della prima e in modo mai autosufficiente, una verifica ex post sulla effettiva alterazione dei titoli, che se ragionevolmente coerente con le emergenze ex ante, può costituire un elemento sintomatico, di conferma della idoneità o della inidoneità della condotta a determinare l’alterazione del prezzo dei titoli quotati in borsa”. In relazione al reato di cui all’art. 2638, comma II c.c., la Sentenza in commento ricorda che, essendo una fattispecie “di evento”, ai fini della consumazione, si richiede pur sempre che si sia realizzato “un danno effettivo e rilevante, costituito dall’ostacolo alle funzioni di vigilanza degli organi a ciò preposti, quale conseguenza di una condotta che può assumere qualsiasi forma, anche quella consistente nella omissione delle comunicazioni dovute alle predette autorità”.