argomento: News del mese - Diritto Tributario
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La consapevolezza da parte del contribuente di partecipare ad un sistema sofisticato di frode fiscale comporta l’indeducibilità di qualsiasi componente negativo riconducibile a fatti, atti o attività qualificabili come reato, per violazione del principio di inerenza. Questo è un punto fermo della giurisprudenza di legittima ribadito con la sentenza 53637 depositata in data 29 novembre 2018. Con la sentenza de quo i supremi giudici hanno confermato “…… devono considerarsi indeducibili i costi comunque “riconducibili” alla condotta criminosa, conseguendone che i costi sostenuti per la realizzazione di una frode, essendo essi stessi lo strumento per realizzare l’evasione di imposta, sono indeducibili”. Pertanto “…… Ne consegue che i costi documentati in fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non possono essere dedotti ai fini delle imposte dirette dal committente/cessionario, che consapevolmente li abbia sostenuti, in quanto essi sono espressione di distrazione verso finalità ulteriori e diverse da quelle proprie dell’attività dell’impresa, comportando la cessazione dell’indefettibile requisito dell’inerenza tra i costi medesimi e l’attività imprenditoriale. Perciò la consapevolezza da parte del contribuente di partecipare ad un sistema sofisticato di frode fiscale comporta tuttora l’indeducibilità di qualsiasi componente negativo (costi o spese) riconducibile a fatti, atti o attività qualificabili come reato, per violazione del principio di inerenza, laddove la mancanza di tale consapevolezza (ex art. 14, comma 4-bis, come novellato) comporta la deducibilità del costo, salvo che i componenti negativi del reddito siano comunque relativi a beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività, che configurino condotte delittuose non colpose (cfr. complessivamente, in motivazione, Sez. 3, n. 42994 cit.).